
Questa è la ragione sociale della band romana, presa di buon occhio da Cristiano Santini che ne ha curato la produzione e, molto probabilmente, incanalato la forza espressiva verso un rock asciutto, penetrante.
L’album avanza senza sbavature e divagazioni sul tema; le track si susseguono con buon ritmo e vivono principalmente sull’alternanza vocale di Alessandra Perna e Carlo Martinelli, andando a solleticare scenari punk (“Il sonno del coyote”) e ambientazioni semi-apocalittiche (“Inferno/Paradiso”). I testi sono di una crudezza, a tratti, difficilmente masticabile, su tutti il passaggio «ho scopato un coyote e c’hanno fatto un film», che non può lasciare indifferenti.
Nell’insieme si tratta di un buon debutto, che suona piacevolmente un po’ retrò, con chiari riferimenti alla scena rock dei Novanta, di cui proprio Santini con i Disciplinatha fu uno degli alfieri, ma per il futuro bisognerà lavorare sulla fantasia, sull’inventiva, anche perché tutto il resto è già ben messo a punto.
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