domenica 22 novembre 2009

Dodicilune: intervista a Gabriele Rampino jazzit #48

L’amore per la contaminazione, la cura della qualità sonora e una veste grafica dal taglio giovane, sono alcuni degli elementi che caratterizzano i dischi targati Dodicilune: scopriamo, insieme al direttore artistico dell’etichetta leccese Gabriele Rampino, da dove nasce e come si evolve un progetto che trova la propria forza creativa dall’unione di concetti come eleganza e modernità.

«Il fenomeno del download illegale è una piaga rivelatrice della profonda inciviltà anche di molti sedicenti intellettuali».

1) La storia della Dodicilune inizia nel 1995 con una registrazione del pianista classico Francesco Libetta su un pianoforte d’epoca (Bechstein, 1875), e con una serie di lavori legati alla musica sinfonica: come si è spostata la vostra attenzione verso le sonorità d’estrazione jazzistica?
L’inizio nel settore della musica colta deriva dalle nostre frequentazioni di quegli anni, e dalla attività di registrazione che all’epoca effettuavamo con vari ensemble e con le Istituzioni Orchestrali. Ma in realtà abbiamo sempre ascoltato e vissuto il jazz; condiviso del jazz lo stato mentale, eternamente “work in progress”, e la sua urgenza creativa ed espressiva. Il passaggio è stato quindi naturale.
Oggi questa scelta, comunque aperta, è condivisa da me, che curo l’impostazione editoriale, e da Maurizio Bizzochetti che rappresenta la vera spina dorsale di Dodicilune.

2) Fate della contaminazione e della visione musicale a 360° il vostro biglietto di presentazione; quali sono le musiche (im)possibili che vi attraggono?
Il termine contaminazione è oggi abusato e forse fuorviante. A noi piace il concetto di visione a tutto tondo, un ciclo intero e continuo che il nome Dodicilune, esplicitamente ispirato al lavoro “Twelve Moons” di Jan Garbarek, suggerisce. Una ricerca di musica nuova, sulla quale s’innestano i flussi di tutte le culture, che attinga alle diverse sorgenti e diventi possibile. Ci attrae la musica di chi ha assimilato a tal punto le culture “altre” da suonare qualcosa di proprio, di nuovo, nel cui dna ci siano tutte queste paternità. Gismonti, Sakamoto, Garbarek, Zawinul, Piazzolla, Ogerman, Miles: prova a shakerare e vedi se ti piace.

3) Da dove nasce l’amore per la qualità del suono? Quanto conta nella vostra produzione il dettaglio, la sfumatura?
L’amore ed il rispetto per il suono (e il silenzio), in quest’epoca low-fi, è fondamentale. Nasce dalla sensibilità per l’attesa, la sorpresa, il dettaglio, la nuance.
La qualità del suono è una vera e propria necessità, direi fisiologica. Spero si veda, nella nostra produzione, l’attenzione al dettaglio d’ogni genere e la cura riservata ad ogni singolo aspetto produttivo: dalla genesi dell’idea alla registrazione, fino alla realizzazione del prodotto finito.

4) I dischi che pubblicate sono immediatamente riconoscibili per via di una grafica ben impostata e peculiare. L’ascolto di un buon album inizia con l’osservazione della sua copertina, da quello che evoca e trasmette?
L’estetica rappresenta la vera cifra distintiva d’ogni iniziativa culturale e in particolar modo dell’editoria. La grafica dei dischi, che noto con piacere è divenuta sempre più oggetto di vero e proprio culto, rappresenta il primo segno di riconoscibilità di una label.
Negli anni abbiamo maturato una linea grafica ed estetica credibile e riconoscibile, anche se non senza difficoltà, poiché è necessario il rispetto del ruolo del produttore, che legge e vede oltre l’artista nella scelta del significante e del significato.

5) Nel vostro catalogo convivono nomi di rilievo (Lee Konitz, Kenny Wheeler, Ares Tavolazzi, Stefano Battaglia) e molti musicisti italiani emergenti, sintomo che dimostra un’attenzione particolare verso le nuove realtà. Quanto credete alle reali possibilità del nuovo jazz italiano?
Molto. Ci sono tanti musicisti progettuali e preparati, anche se Dodicilune ritiene indissolubili qualità come progettualità, intensità e preparazione nel distinguere un talento vero da un ottimo strumentista.
Riceviamo moltissime proposte discografiche, e se da un lato ci sono davvero molti musicisti di livello mediamente alto, dall’altro quello che spesso manca è la progettualità. In questo senso deve supplire l’editore che abbia idee e sappia realizzarle.
Tuttavia, notiamo una grave discrasia tra la qualità discografica, che è tendenzialmente sempre più alta, e la staticità (per non dire la pesantezza) delle programmazioni dei festival e delle rassegne, dove i nomi sono sempre gli stessi, a parte qualche piccola eccezione, e dove i progetti originali latitano. E di questo ne soffre il musicista creativo, che si sforza di frequentare territori inattesi e nuovi.

6) La musica si sta spostando sempre di più sul web. Come vivete questo momento di passaggio fondamentale? Quali possono essere i vantaggi di un cambiamento così radicale, e quale scenario si aprirà nei prossimi anni davanti ai nostri occhi?
Gli scenari sono imprevedibili, anche perché se fossero come li prevede l’antropologo culturale o il sociologo dei media noi dell’editoria non dovremmo esser ottimisti. Tuttavia i vantaggi indubbiamente sussistono: immediatezza delle informazioni, raggiungibilità degli interlocutori e visibilità. Trovo che, a parte il fenomeno del download illegale che è una piaga rivelatrice della profonda inciviltà anche di molti sedicenti intellettuali, il web fomenti l’auto-produzione e in generale la polverizzazione dell’offerta e la sua inusitata espansione. Se Myspace costituisce un valido mezzo di comunicazione di sé e della propria attività, alla fine genera un ascolto frettoloso e scadente, penalizzando gli artisti veri, quelli che non credono che il numero di contatti e/o amici su Myspace costituisca il criterio di valutazione.
In ogni caso, se non si abusa dello strumento, i vantaggi sono evidenti. Ma il supporto serve e faremo di tutto per mantenerlo in salute, da buoni feticisti del disco e ancor più del vinile, verso il cui ritorno ci stiamo orientando, e che tecnicamente ed emotivamente resta di valore superiore al cd.

7) Sul vostro sito, oltre alla possibilità di acquistare tramite iTunes, invitate gli ascoltatori a pubblicare recensioni e commenti sui dischi della Dodicilune. Quanto è importante il coinvolgimento del pubblico per la buona riuscita di un progetto come il vostro?
Il processo di fidelizzazione del cliente è fondamentale, in quanto permette di ovviare al naturale gap economico-strutturale che Dodicilune, come le altre indies, soffre rispetto alle major, specie per marketing e promozione. Abbiamo un pubblico affezionato e sempre più numeroso che ha apprezzato la cifra stilistica dell’etichetta e sostanzialmente sa cosa compra, sa che ci muove solo e soltanto la passione, e mai il calcolo. È sicuro di trovare un prodotto di qualità sotto ogni aspetto e che l’oggetto che ha in mano va oltre il concetto di mero intrattenimento: un disco Dodicilune non fa parte di un business plan, ma di un programma di ricerca a lungo termine.

8) Quali sono i progetti più interessanti per la prossima stagione?
Dodicilune inizierà una serie di progetti originali, un po’ alla Hal Willner, commissionando la composizione e la successiva registrazione di opere dedicate a un fenomeno artistico, ad un personaggio della cultura tout court, e così via.
Tra i dischi in uscita mi piace ricordare il nostro 50^ titolo in catalogo, “Stupor mundi” del Pierluigi Balducci Ensemble con Luciano Biondini e il Quartetto Dark, legato ai temi della cultura federiciana che in Puglia è molto radicata ed esprime una specie di melting pot culturale ante litteram che, debitamente aggiornata, vuole essere l’elemento distintivo della Dodicilune.
Ma non solo: Roberto Ottaviano con Pinturas; Ares Tavolazzi con Stefano Bollani e soprattutto “Ethos” del quartetto d’archi Alborada, con Paolo Fresu, Rita Marcotulli, Maria Pia De Vito e altri ospiti.
Abbiamo anche ideato alcune nuove linee editoriali, come Koiné, legata al mondo della vocalità vicina al jazz, ma aperta alla voce come modalità espressiva in quanto tale; e NeXt, nel nostro disegno un ponte creativo e sperimentale tra elettronica e jazz, con un design e un packaging sempre più ricercati.

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